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L’epidemia di coronavirus ha portato ad un ribasso dei tassi governativi e ad un incremento di bond negativi in circolazione: volano le quotazioni dell’oro

In questo primo spicchio di 2020 le quotazioni dell’oro si sono spinte fino a 1.600 dollari l’oncia. L’epidemia di coronavirus proveniente dalla Cina ha spinto al ribasso i tassi governativi ed ha incrementato i bond negativi in circolazione. Conseguenza di ciò è stato l’aumento del prezzo dell’oro.

Domanda oro globale in ribasso

Secondo il report annuale del World Gold Council, la domanda di oro globale nel 2019 è scesa dell’1%, con il calo sia dei consumi reali (gioielleria e industria, sopratutto in India e Cina) sia della domanda di oro fisico, ovvero di lingotti e monete. Questo trend si è sviluppato nel secondo semestre 2019 a seguito dell’impennata del prezzo dell’oro. Da allora, il rally del metallo è in costante crescita e gli analisti prevedono che potrà superare i 1.600 dollari l’oncia nel 2020.

La Cina rallenta e spaventa i mercati

I mercati globali hanno reagito con timore all’epidemia di coronavirus. Il petrolio è sotto i 60 dollari e il rame è ai minimi da due mesi. Di contrappasso, il prezzo dell’oro è in ascesa. Questo perché la paura di una recessione economica della Cina è concreta. Il gigante asiatico ha le gambe d’argilla. Nel 2019 la sua economia è cresciuta solo del 6,1% il tasso più basso da trent’anni. L’economia globale rischia un nuovo rallentamento.

Le banche centrali acquistano oro

Da un decennio le banche centrali, sopratutto quelle di paesi emergenti come Russia e Turchia, sono tra i maggiori acquirenti di oro. Il solco è tracciato: diversificare le riserve è l’obiettivo principale. Il trend è strutturale: le banche centrali hanno dovuto puntare sull’oro a causa delle instabilità geopolitiche ed economiche che attanagliano i mercati. Il coronavirus è solo l’ultimo di una serie di problemi che funestano l’economia globale. Questa volta, però, prevedere le conseguenze è arduo.