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La minaccia di nuovi dazi da parte degli Stati uniti di Donald Trump ha spinto la Cina ad aumentare le proprie riserve auree

Le riserve auree della Cina sono in aumento. Ad aprile si è avuto l’incremento più consistente dal 2016, ovvero 61,5 milioni di once, pari a 14,9 tonnellate. Pechino ha deciso di adottare questa strategia per contrastare il rischio di dazi doganali imposti dagli Stati Uniti.

La corsa all’oro del dragone

Le riserve auree della Cina sono, allo stato dell’arte, solo il 2,5% circa delle riserve totali. Rispetto ad altri paesi, la quota è ancora molto bassa. Per questo, dallo scorso dicembre, la People’s Bank of China ha ripreso ad accumulare oro dopo una pausa di oltre due anni, comprando quasi 60 tonnellate di lingotti.

Nel resto del mondo

Russia, Stati Uniti, Germania e Italia superano di gran lunga le riserve auree del gigante cinese. Se Mosca possiede quasi un quinti di riserve in oro, Berlino e Washington superano il 70%, mentre Roma si attesta al 66,1% di riserve auree. I margini di crescita della Cina sono dunque ampi. La fuga dal dollaro e la guerra dei dazi sono i motivi della corsa all’oro cinese.

Borse in caduta, oro in salita

La caduta delle borse e il calo dei rendimenti dei Treasuries americani ha portato l’oro a superare i 1.290 dollari l’oncia. Il rischio di fallimento delle trattative commerciali tra Cina e Stati Uniti è stata la ciliegina sulla torta. Gli investitori, stimolati dall’incertezza dei mercati, sono tornati ad investire in oro, bene di rifugio per eccellenza.  

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